Ti racconto una storia , una di quelle che non abbiamo il coraggio di raccontare o sussurriamo a bassa voce per paura di scoprire le nostre fragilità.
"All'inizio è stato difficile, mi sentivo in colpa. Pensavo di aver fatto io
qualcosa di male, di aver dato a intendere altro. Quella mattina gli avevo portato il giornale, come sempre al suo arrivo nell'azienda di famiglia. L'autista lo accompagnava alle 10 e poi lo recuperava alle 17. Ero la sua segretaria e ormai conoscevo le sue abitudini. Era solito prendere un tè dopo pranzo ed ero io a portarglielo nel suo ufficio. Una gentilezza che facevo volentieri dal momento che la sua malattia lo aveva costretto su una sedia a rotelle. Era sempre gentile e so che apprezzava questi piccoli gesti.
Ma quella mattina l'apprezzamento andò oltre e superò una soglia da cui non fu più possibile tornare indietro. Una richiesta esplicita, un'avance fuori luogo che ancora oggi risuona nelle mie orecchie come inopportuna, tra l'imbarazzo e l'incredulità.
Scappai senza dire nulla. Sconvolta. Ammutolita. Tornai nel mio ufficio avvolta da un disagio che volevo nascondere a tutti i costi anche se mi sentivo avvampare. Il terrore delle eventuali ripercussioni che il mio rifiuto avrebbe potuto portare nei giorni a venire, superava la rabbia. Non raccontai l'episodio a nessuno per molto, molto tempo. Il solo pensiero mi faceva sentire sporca e stupida. Ma non ero
io a dovermi sentire così.
Quel piccolo atto di violenza subdola e sottile stava ledendo il mio equilibrio emotivo e psicologico. Dovevo trovare il coraggio di parlarne perché non accadesse più."
Ormai sono passati 22 anni, ero giovane e insicura, ma il ricordo è ancora piuttosto vivo.
La violenza può assumere tante forme: fisica, psicologica, emotiva, economica. Può essere sottile e quasi impercettibile, come un filo invisibile che ti lega i polsi e ti toglie le forze per reagire, oppure esplosiva e portare all'irreparabile. Qualunque forma la violenza assuma, le conseguenze sono tangibili. E lo sono ancora di più se restiamo in silenzio.
Ecco perché credo che la violenza si debba combattere con la voce, la nostra singola voce unita a quella di tutti come un unico coro di denuncia.
La violenza non è un problema che riguarda solo le donne. E anche se oggi ricorre la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle donne, è un affare che riguarda tutti. Nessuno può restare in silenzio, perché il silenzio uccide più della violenza stessa: non lascia tracce, non scopre le carte, non risolve mai il problema.
Informarsi, educare, creare
consapevolezza e poi agire senza girarsi dall'altra parte.
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