La sola idea che qualcun altro possa decidere per me mi fa letteralmente impazzire. Ancora di più se questo avviene in modo del tutto inconscio o inconsapevole. A cosa mi riferisco? Facciamo un passo indietro.
La scorsa settimana, parlando di vanity metrics in questo post, ho menzionato la sostanziale differenza che c'è tra podcast e contenuti social. Nel fruire dei secondi tutti noi scorriamo un feed di contenuti frutto di un algoritmo che decide cosa vedere o non vedere in base ai nostri ipotetici interessi. Posto che è sempre nostra responsabilità educare l'algoritmo affinché ci proponga qualcosa di davvero interessante per noi, resta il fatto che il risultato è in qualche modo pilotato. Giusto? Sbagliato? Io un po' soffro questa modalità decisionale, ma tant'è.
Le piattaforme di ascolto dei podcast ad oggi non funzionano allo stesso modo. Non esiste un feed ad personam. Sei ancora tu a scegliere cosa ascoltare. Questa è una delle cose che più apprezzo del mondo del podcasting. L'unico limite è dato dall'ordine con cui sono proposti i contenuti, basati sulle classifiche delle singole piattaforme che spingono o meno gli ascolti in base alla popolarità.
Ma ora torniamo alla domanda iniziale: e se non fossi tu a decidere?
Cercando informazioni sui nuovi investimenti di Spotify nel mondo dell'audio, mi sono imbattuta in una notizia non recentissima ma di cui si è parlato poco. Mi riferisco alla tecnologia di riconoscimento
vocale sviluppata da Spotify negli ultimi anni e brevettata questa primavera. In pratica il sistema permetterebbe di ascoltare le conversazioni degli utenti al fine di raccomandare contenuti (musica e podcast) sulla base delle emozioni percepite dalla loro voce e su altre informazioni come l'età, il sesso e l'ambiente circostante. I dispositivi potrebbero acquisire informazioni personali di persone che si trovano nella stessa stanza senza sapere di essere registrate, dedurre gusti musicali in base al proprio accento o al suono della voce.
Se da una parte è strabiliante apprendere cosa sia in grado di fare la tecnologia, dall'altra è sconcertante come essa possa insinuarsi in questioni etiche al limite dell'accettabile. Non sorprende che si siano già scatenate polemiche da parte di musicisti e attivisti per vietare l'uso di questa tecnologia. Spotify
ha assicurato di non averla mai utilizzata finora. Spero non lo faccia mai.
Credo che la tecnologia sia una grande alleata, purché non la si usi in modo che ci si ritorca contro. Libertà e responsabilità dovrebbero viaggiare sullo stesso binario.
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